venerdì 24 maggio 2013

Un tuffo nel mare di Chioggia: il ristorante El Gato.




















Avete in mente una gita, un weekend fuori porta o semplicemente avete voglia di scappare dal caos che vi circonda? Ho quello che fa per voi.
Vorrei consigliarvi di trascorrere una giornata all'insegna del mare, della storia e della cultura, anche gastronomica, in terra veneta. Ma, attenzione, non voglio rimarcare le prevedibili e scontate bellezze di Venezia, né descrivervi le rive del lago di Garda, al contrario vorrei raccontarvi questa magnifica terra da un luogo meno conosciuto, ma altrettanto ricco di arte, storia e cultura che ne fanno il paradigma di questa regione: Chioggia.
Secondo una leggenda le origini di Chioggia sono da ricercarsi nel viaggio di Enea, il celebre eroe troiano, il quale, dopo la distruzione della sua città, fuggì alla ricerca di una nuova terra, dove stabilirsi, che trovò nel Latium. Insieme ad Enea vi erano anche Antenore, Aquilio e Clodio. Proprio quest’ultimo stabilitosi nella laguna veneta, fondò la città che da lui prende il nome di Clodia, l’attuale Chioggia, a cui impresse, come simbolo, un leone rampante rosso.
In realtà, la vera origine di questa città è da rinvenirsi nella fondazione, intorno al 2000 a.C., da parte dei Pelasgi, un popolo di navigatori, che si stabilì in questi luoghi. Essi crearono una città artificiale che veniva sommersa dal mare ad ogni alta marea.  Ed a  tutt’oggi l’alta marea nella città vecchia talvolta, come nella vicina Venezia, sommerge il centro storico della città, ricordando ai suoi abitanti come il mare sia da sempre padrone di questo territorio, di cui i chioggiotti sono ancori custodi.
La città è stata anche un importante centro dell’Impero romano, nota fin dall'antichità per le saline qui presenti, dalle quali veniva ricavato uno dei sali più pregiati dell’Impero, il “sal Clugiae”, secondo quanto riferiscono gli storici dell’epoca Cassiodoro ed il più noto Plinio il Vecchio.
Il centro della città, infatti, è costituito dall’antico cardo romano, oggi Corso del Popolo, da cui si diramano strette calli, che si affacciano su pittoreschi canali, lungo i quali sono ormeggiate le barche dei pescatori. Il tutto crea un’atmosfera davvero particolare, sembra di essere in una piccola Venezia, ma a differenza della più celebre sorella maggiore, questa città non è invasa da orde di turisti, né intasata da gondole e vaporetti, il che affascina e colpisce il turista curioso che vi si avventura alla sua scoperta.
Già Goldoni, il celebre commediografo veneziano, rimase affascinato da questa città ed in particolare dai suoi vivaci abitanti; forse fin troppo, visto che tutt’oggi sono noti per essere alquanto polemici ed un po’ attaccabrighe, tanto che scrisse un‘opera ambientata in città, che prende il nome di “Le baruffe chiozzotte”.
Alla fine del Corso si trova, su di un’alta colonna, la statua del leone, simbolo della città, che essendo di modeste dimensioni i veneziani ironicamente chiamavano “il Gatto”; fate attenzione perché secondo una leggenda locale prima di tornare indietro bisogna girare attorno alla colonna, altrimenti sono guai.
È proprio dal “gatto” che prende il nome il ristorante di cui voglio parlarvi; si chiama “El Gato” e si trova proprio sulla via principale, ai piedi della torre di Sant’Andrea, alla cui sommità potrete ammirare il più antico orologio del mondo.
Il ristorante, uno dei più antichi della città, è stato sapientemente ristrutturato, secondo un gusto classico  ed elegante, ma al tempo stesso molto moderno e ricercato.

La cucina è quella tipica del territorio, ma soprattutto caratterizzata da prodotti di una freschezza e qualità davvero unica e dove ovviamente il pescato del giorno la fa da padrone.
Dal canto mio, ho avuto modo di assaporare l’eccezionalità della cucina nel misto di antipasti al vapore della vecchia tradizione lagunare; si tratta di un tripudio di mare, dove potrete gustare crostacei (scampo, gamberone, cannocchia), baccalà mantecato, polpo verace in cassuola, una capasanta da leccarsi i baffi, una polentina con gamberetti, rana pescatrice e per finire le “sarde in saore”, una specialità tipica chioggiotta, sardine fritte in una salsa agrodolce a base di cipolle.

Ho proseguito il mio percorso gastronomico con dello squisito risotto di “Go”, trattasi di un pesce di laguna non molto pregiato perché molto spinoso, ma molto usato per la delicatezza delle sue carni.


Ed ancora dei gustosi paccheri, rigorosamente di grano duro di Gragnano, con polpa di "moeche".

Per secondo ho optato per un filetto di rombo e di San Pietro in crosta di patate, entrambi di impareggiabile qualità e di eccelsa bontà, a cui è seguito un delicato sorbetto al limone ed un immancabile caffè.
Devo dire che la qualità del servizio, l’ambiente elegante e l’eccelsa cucina ne fanno una meta imperdibile ed una tappa obbligatoria del territorio.
Questo post è dedicato a tutti gli amici e le amiche chioggiotte, in particolare alla chioggiotta che ha rapito il mio cuore (P.S.: ahimè, non è la proprietaria del ristorante “El Gato”.  Le recensioni sono solo il frutto solo della mia sincera e disinteressata passione per la cucina).
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