Giulio Cesare
Chi
di voi non si è mai chiesto di cosa fosse ghiotto il celebre condottiero
romano, considerato il primo Imperatore di Roma e membro della illustre gens
Iulia, discendente addirittura di Romolo, il fondatore di Roma. Contrariamente
a quello che si potrebbe pensare, Cesare non era molto parco e attento sia nel
mangiare che nel bere. Tanto che Marco Porcio Catone narra che Cesare fu l’unico
sovvertitore dello Stato a non essere ubriaco. Ma a lui si deve molto, e non mi
riferisco alla Caesar Salad (che nulla ha a che vedere col valoroso condottiero)
bensì ad una massima giunta fino a noi. Lo storico Plutarco racconta che, invitato
a cena da Valerio Leone a Milano, gli furono offerti degli asparagi al burro, quest’ultimo
usato dai romani come unguento e non per insaporire i cibi. Gli altri invitati
romani cominciarono a lamentarsi del cibo “barbaro” ma Cesare con saggezza li
zittì con la celebre affermazione “de gustibus non disputandum est”.
Napoleone
Bonaparte
Il
celebre generale corso non era un buongustaio e neppure un amante dello slow
food, considerato che divorava letteralmente le pietanze con una fretta e una
voracità che ancora si racconta. È per questo che soffriva di gastrite che
alleviava tenendo spesso una mano sullo stomaco sotto il pastrano, tanto che in
questa posizione era ritratto. Pur essendo nato su un’isola era un’amante delle
carni, che accompagnava con immancabile Chambertin, un vino di Borgogna. A lui,
tra tanti mali, si deve l’invenzione di un piatto tipico piemontese, il pollo
alla Marengo, la cui storia è singolare. Nel corso della storica battaglia, le
provviste erano scarse, così il cuoco inviò due aiutanti a cercare qualcosa per
soddisfare il palato del Generale. Essi tornarono solo con un polletto, dei gamberi di fiume, uova, olio, aglio e qualche
pomodoro. Unendo questi scarsi ingredienti e sfumando con del cognac (oggi
sostituito da vino bianco) il cuoco preparò un piatto che Napoleone gradì molto,
tanto che prese dalla tragica battaglia.
George
Washington
Quali erano i
piatti amati da George Washington, comandante delle forze americane nella Rivoluzione
e Primo Presidente degli
Stati Uniti? chissà cosa gustava nella sua dimora di Mount Vernon lungo le rive
del fiume Potomac in Virginia?
Si dice che il
Presidente fosse un amante delle ciliegie in tutte le loro varianti, in particolare
adorava la Cherry Pie, Torta di Ciliegie, sia nella versione dolce che salata.
Mangiava spesso anche purè di patate dolci, fagiolini con mandorle e pesci alla griglia di fiume, come pure carni di animali allevati nella
sua fattoria; come dolci, invece, preferiva la Torta Trifle, un dolce al
cucchiaio, antenato della zuppa inglese, come pure la Torta di carote.
Giuseppe Garibaldi
Per
risvegliare un po’ di sano spirito patriottico curiosiamo nella cucina dell’eroe
dei Due Mondi, il Generale che ha lottato strenuamente per realizzare il suo
sogno, l’Unità d’Italia. Certamente semplice era il pasto dei Garibaldini
durante la spedizione dei Mille, spesso costituito solo da pane o gallette con
carne salata o formaggio accompagnato da un bicchiere di vino. Ma non diverso
era il gusto del Generale, il quale non amava piatti elaborati, ma anzi
preferiva piatti semplici e popolari, in particolare minestre di verdure e
legumi e carni arrostite, che chiamava churrasco, memore delle sue avventure in
Sudamerica. Ed ancora stoccafisso, la bouillabaisse (una zuppa di pesce
marsigliese aromatizzata con finocchio selvatico, scorze di arance secche e
zafferano) e la pissaladiere (una torta salata con cipolle e olive nere). Umile
anche nel dessert, era goloso di gallette da marinaio e uva passa, così oltre
ad aver dato il nome a Piazze e Strade di tutta la Penisola, può vantarsi di
aver dato il nome anche ai gustosi biscotti inglesi, i famosi Garibaldi.
Enrico
VIII
A giudicare dalle sue forme abbondanti,
certamente doveva essere un buongustaio il Re d’Inghilterra, famoso nella storia
per le sue 6 mogli, misteriosamente scomparse una dopo l’altra dopo aver
partorito figlie femmine. Insaziabile
si potrebbe definire questo sovrano, al pari delle sue brame di potere e
gloria. Amava stupire gli invitati come un Trimalcione rinascimentale, con
banchetti di cui ancora oggi si narrano le meraviglie e lo stupore. Si cenava
con posate pregiate e non era impossibile trovare all’interno di pasticci e portate,
fiori e frutti o anche gioielli e preziosi. Prediligeva le carni di vitella e selvaggina
(tra cui tacchini importati dal Nuovo Mondo) ma non di maiale, lasciato al
popolo e considerato meno pregiato. Come pure gustava pesci di fiume, all’epoca
ritenuti più ricercati di quelli di mare. Il tutto innaffiato di vino, eredità
della tradizione romana, importato dalla Provenza o dalla Toscana.
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