Nell'ambito del Vintage Festival di Padova ho avuto l'onore di poter conoscere un Maestro della cucina, un musicista, come ama definirsi metaforicamente parlando, un artista, un raffinato esteta, mi riferisco al celebre chef Gualtiero Marchesi.
L'incontro ha visto una platea numerosa e particolmente attenta, letteralmente affascinata dall'ascoltare i segreti, gli aneddoti, le curiosità narrate con gran cura dal grande Chef.
La serata è stata introdotta magistralmente da Davide Rampello, personaggio poliedrico e di profonda cultura, regista, docente, curatore di eventi artistici e culturali di spessore quali la triennale di Milano e per ultimo, il padiglione zero del prossimo expo2015; introducento l'illustre ospite ha percorso rapidamente la storia della cucina, partendo dal celebre trattato de coquinaria, con il quale i romani ci hanno tramandato l'arte della cucina e dell'elaborare gli alimenti e gli elementi.
Passando per la cucina medioevale, citando il celebre cuoco alla corte degli estensi, Cristoforo da Messibugo, autore di un testo sulla regole per un perfetto banchetto principesco, per poi passare all'800, periodo in cui il celebre cuoco francese Marie-Antonie Careme, uno dei padri della Houte Cousine francese, ricordato per essere stato lo chef del celebre congresso di Vienna, cui parteciparono bel 4500 persone da tutta Europa, e considerata una delle cene più imponenti della storia.
Al termine di questo necessario excursus storico, Rampello pone 2 personaggi italiani, eccellenti nelle loro specialità: da un lato ha ricordato la memoria di Luigi Veronelli, colui che ha fatto conoscere e apprezzare i migliori Vini italiani nel mondo; dall'altro colui che ha esaltato la materia al punto tale da renderla arte, uno dei padri nella storia culinaria, ambasciatore della cucina italiana nel mondo: Gaultiero Marchesi.
Il celebre chef ha esordito raccontando le sue origini, le radici di cui egli è frutto; proveniva da una famiglia di albergatori di Milano, e fu proprio nelle cucine del ristorante di famiglia che Gaultiero mosse i primi passi, anzi le prime pentole nel mondo della cucina. Forse ereditò il meglio dai suoi genitori, che egli ama definire opposti complementari, la dolce fermezza dalla madre e la passione per la musica e la cultura dal padre.
Il giovane Marchesi, però, non fu un autodidatta o meglio la sua preparazione è stata frutto di anni di studio (ha letto tantissimi libri sulle tecniche di prepazione del cibo), di formazione (ha studiato a Lucerna e Saint Moritz), di sperimentazione continua per affinare le tecniche e migliorare sempre più, per tendere ad una perfezione assoluta di gusto ed estetica.
Ha colpito molto la metafora musicale utilizzata per descrivere ciò che rende uno chef degno di questo nome; studiando ed affinando le tecniche si può essere ottimi compositori, ma solo con la creatività, l'estro e l'intuito si può diventare musicisti, e Marchesi non si è mai accontentato di essere un eccellente compositore, ma possiamo dire che è diventato un perfetto musicista, che ammalia e stupisce i palati di mezzo mondo sin da quando nel lontano 1977 aprì il suo celebre ristorante a Milano; si trovava in via Bonvesin della Riva e di lì dove passarono celebrità nazionali e internazionali quali tra gli altri Gianni Agnelli e Federico Fellini, suoi frequenti ospiti.
Non aveva neppure aperto i battenti del suo locale che già gli attribuirono una stella Michelin, raddoppiate l'anno successivo, e triplicate nel 1985. Ma Marchesi è anche colui che sa andare contro quando è necessario; è stato, infatti, l'unico ad aver rinunciato alle celebri 3 stelle Michelin per mostrare il suo disappunto verso un falso idolo cui i giovani cuochi tendono, per fargli comprendere che il loro obiettivo deve essere la perfezione del gusto e non il sensazionalismo o la stella a tutti i costi.
E' questo che insegna ai giovani chef, in qualità di rettore della Scuola Internazionale di Cucina Italiana che ha sede nella magnifica Reggia di Colorno, e che vanta studenti provenienti da ogni parte del mondo, destinati a diventare le future stelle nascenti nel panorama gastronomico mondiale.
Ma passiamo alle curiosità e ai segreti di questo grande artista della cucina.
Egli, innanzitutto, ha una passione quasi maniacale per i dettagli, per lui la cucina è la parte più importante del ristorante, ma la sala ne è elemento essenziale. Ha sempre curato personalmente l'hotellerie, scegliendo personalmente piatti, bicchieri, posate e perfino quelli che ha definito i vestiti, salva-macchie, con cui la sera vengono coperti i tavoli della sala.
Ogni tavolo era illuminato da lampade Castiglione e decorato da piccole sculture di artisti famosi quali quelle del suo amico Arnaldo Pomodoro, che, come ha ricordato strappando sorrisi alla platea, a volte venivano portati via come souvenir da qualche cliente nostalgico.
Ha raccontato che sulla sua tavola non mancano forchette diverse, per spaghetti con rebbi più lunghi o quella mitteleuropea con rebbi corti per le altre pietanze; ed ancora più bicchieri in base al tipo di acqua scelta dal cliente, tra cui ha descritto quello appositamente creato per l'acqua Ferrarelle, da lui fatto realizzare dalle vetrerie di Murano a forma di flute verde con la coppa blu e con all'interno gocce dorate.
Ci sono piatti che necessariamente vanno serviti e impiattati davanti al cliente, afferma, perchè tali azioni sono parte integrante della portata stessa e, tra tanti, cita il taglio di una fagianella ed il rituale con cui essa viene servita al cliente.
Il Cliente per Marchesi è sempre al centro dell'attenzione, va servito con eleganza e gentilezza ed accolto non appena varca la soglia del locale, senza farlo attendere neppure un secondo.
Rimarrete stupiti da quello che si può definire il vero segreto che Marchesi custodisce? Ebbene egli ama citare un vecchio proverbio che sintetizza la sua filosofia: "lascia com'è per vedere come rimane". Per Marchesi la capacità del cuoco non è nell'alterare i sapori, ma nell'esaltare la materia, nel migliorarla senza nascondere il gusto dietro salse e intrugli che non fanno altro che confondere il palato.
Ha, ancora, raccontato l'origine della famosa foglia oro che mette sul risotto allo zafferano, nata quando un giorno un fotografo gli portò delle foglioline di oro 24 carati per fare un servizio sul giallo dicendogli di metterle su un piatto. Cosa c'è di meglio di un buon risotto allo zafferano, pensò il maestro, da far risplendere con l'oro e su di un piatto dal profilo nero e bordi dorati...ancora oggi quando dall'estero gli chiedono un piatto per un reportage sceglie questo come biglietto da visita.
Ma da dove trae ispirazione il grande chef? da tutto anche da un paesaggio, una sera racconta ha visto un cielo blu notte con una luna piena e bianchissima; e prendendo spunto da una visione notturna così magnifica ha pensato di creare un piatto che potesse in qualche modo riprodurla, così ha rigirato in un piatto blu notte un uovo, nascondendo il tuorlo dietro il bianco dell'albume, riproducendo così quel paesaggio così spettacolare.
Ha lasciato tutto il pubblico affascinato nella sua descrizione del torchio specifico per filetto chateaubriand e della maestria con cui prepara un piatto apparentemente semplice ma dal gusto ineguagliabile. Per poi arrivare alle origini del celebre raviolo aperto, nato dall'intuizione di una sfoglia di pasta con impressa una foglia di prezzemolo, lo chef non sapeva bene come utilizzarla, ma quel giorno aveva preparato del ragù di pesce e, guardando un cliente giapponese grattugiare su di un piatto dello zenzero, ebbe l'intuizione di uno dei piatti che lo ha reso più celebre.
Ne ha fatta di strada di strada Gaultiero Marchesi, ma non si ferma pensando ai suoi prossimi progetti, un libro di cucina fatto di sole immagini (perchè il vero chef sa come cucinare senza che gli vengano suggeriti pesi e quantità), così come il suo sogno di un resort dove garantire al cliente relax, oltre alle delizie del palato.
E allora cosa aggiungere, continui così Maestro, con la stessa grinta e tenacia che l'hanno portata a così alte vette, ad maiora!